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3. La Valletta Aldriga: I Dieci Martiri della Libertà (19 settembre 1943)

Il Contesto: L'Italia dopo l'8 Settembre

L'8 settembre 1943 segnò il crollo del regime fascista e l'armistizio con gli Alleati. L'Italia si trovò improvvisamente occupata dalle truppe tedesche, che reagirono con estrema durezza contro l'ex alleato "traditore". Mantova, come gran parte del Nord Italia, cadde sotto il controllo nazista.

Il Campo di Gradaro

A Mantova, i tedeschi istituirono un campo di concentramento presso la località Gradaro, dove vennero internati migliaia di soldati italiani catturati dopo lo sbandamento dell'esercito. In poche settimane, oltre duecentomila militari italiani transitarono da questo campo, in condizioni disumane, prima di essere deportati in Germania.

La Mattina del 19 Settembre 1943

La domenica del 19 settembre 1943, poco prima delle quattro del mattino, un autocarro tedesco partì dal comando germanico di Dosso del Corso e si diresse al campo di Gradaro. Un ufficiale tedesco, tramite interprete, chiese dieci volontari per un lavoro urgente: scavare una fossa per seppellire alcune casse di documenti.
Molti prigionieri si offrirono volontari, stanchi della reclusione e desiderosi di un po' d'aria. I tedeschi scelsero i primi dieci e li fecero salire sul camion, dove, tra picconi e pale, era montata una mitragliatrice pesante.

Il Viaggio verso la Valletta Aldriga

L'autocarro percorse la strada nazionale Cremonese e, a un centinaio di metri da Curtatone, imboccò una strada secondaria privata che conduceva alla Corte Aldriga, prospiciente il Lago Superiore. Durante il tragitto, uno dei prigionieri, Mario Corradini, riuscì a gettare dal camion un biglietto scritto su un foglio di block-notes: "Date notizia alla mia famiglia che sono prigioniero. Mario Corradini, Canneto sull'Oglio, via Roma n. 10".

L'Eccidio

Giunti nella valletta, i soldati italiani furono costretti a scavare una fossa. Solo allora compresero la loro sorte: non stavano scavando per delle casse, ma per la propria tomba. La testimonianza di un cacciatore presente nelle vicinanze e di alcuni contadini che udirono gli spari permise di ricostruire l'orribile dinamica.
I tedeschi piazzarono la mitragliatrice di fronte a un grande pioppo (che ancora oggi si erge sul luogo). Poi, con metodica crudeltà, legarono i prigionieri uno alla volta all'albero e li giustiziarono, obbligando i compagni ancora vivi a trascinare ogni cadavere nella fossa prima di subire la stessa sorte.
Le esecuzioni durarono circa un'ora e mezza, dalle prime luci dell'alba fino alle sette del mattino. Le scariche di mitragliatrice si susseguirono a intervalli regolari di circa dieci minuti l'una dall'altra. Gli abitanti delle corti vicine, terrorizzati, si rinchiusero nelle case. Alcuni, non potendo resistere, uscirono per avvicinarsi al luogo dell'eccidio e furono testimoni di quella barbara carneficina.

La Giustificazione Nazista

Il Feldkommandantur di Mantova giustificò la fucilazione come rappresaglia per un presunto attacco di militari italiani sbandati contro una colonna tedesca, che avrebbe causato due feriti. In realtà, si venne poi a sapere che i feriti tedeschi erano il risultato di una rissa tra austriaci e tedeschi ubriachi dopo il saccheggio di una villa.
Le vittime dell'Aldriga erano ostaggi innocenti, semplici soldati che si erano offerti volontari per un lavoro, ignari del destino che li attendeva. La loro fucilazione fu un atto di puro terrorismo, volto a intimorire la popolazione mantovana
  

I Dieci Martiri

Le vittime dell'eccidio della Valletta Aldriga furono:
  • Luigi Binda (Rogeno, Como, 28 ottobre 1923) - Sellaio, 20 anni
  • Mario Corradini (Canneto sull'Oglio, Mantova, 17 marzo 1924) - Carpentiere, 19 anni
  • Attilio Andrea Passoni (Monza, 21 febbraio 1924) - Meccanico, 19 anni
  • Francesco Rimoldi (Guanzate, Como, 27 gennaio 1924) - Calzolaio, 19 anni
  • Giuseppe Aresi (Brignano Gera d'Adda, Bergamo, 10 settembre 1912) - Muratore, 31 anni
  • Giuseppe Bianchi (Pandino, Cremona, 2 gennaio 1916) - Operaio, 27 anni, orfano di padre caduto sul Carso nella Prima Guerra Mondiale
  • Bruno Colombo (Lurago d'Erba, Como, 24 gennaio 1916) - Manovale, 27 anni
  • Mario Colombi (Salerano sul Lambro, Como, 29 settembre 1916) - Operaio, 27 anni
  • Angelo Alessandro Corti (Rogeno, Como, 19 giugno 1908) - Garzone macellaio, 35 anni, reduce dal fronte russo
  • Luigi Pecchenini (Pagazzano, Bergamo, 22 febbraio 1924) - Operaio, 19 anni

La Croce di Legno

Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi sistemarono la tomba e, con cinico scrupolo, piantarono una croce di legno rudimentale con la scritta a matita copiativa: "× 10/19-9-1943". Una fredda iscrizione da caserma, priva di qualsiasi sentimento umano o cristiano.

Il Manifesto e la Reazione della Popolazione

Il giorno successivo, il comando tedesco fece affiggere in città e nel comune di Curtatone un manifesto che dava notizia dell'avvenuta esecuzione secondo la legge marziale. Malgrado le minacce nazifasciste, già dalla sera stessa dell'eccidio mani ignote avevano sparso sulla tomba gli ultimi fiori dell'estate.
Nonostante il divieto esplicito di recarsi alla Valletta Aldriga, ogni giorno, nottetempo o all'alba, uomini e donne del popolo andavano in pellegrinaggio presso la fossa comune. Il 26 novembre 1943 fu ritrovato sulla tomba un biglietto con una scritta eloquente, che oggi è scolpita nel monumento:

"VIDI LA TOMBA E LA GLORIA. ESSI PARLANO PIÙ SANTAMENTE DEI VIVI, TESTIMONI DELLA BARBARIE TEDESCA. VIVA I SOLDATI D'ITALIA"

L'Esumazione e il Riconoscimento

Il 10 maggio 1945, pochi giorni dopo la Liberazione, il Comitato di Liberazione Nazionale dispose l'esumazione delle salme. Alla presenza delle autorità e dei familiari delle vittime, i corpi furono estratti dalla fossa comune. Erano ancora uno accanto all'altro, in un abbraccio simbolico.
L'identificazione fu condotta con grande cura. Mario Corradini fu riconosciuto grazie a un'indicazione del padre, che ricordava una frattura al femore subita dal figlio all'età di quattro anni. Altri furono identificati grazie a documenti, lettere, oggetti personali trovati nelle tasche dei loro abiti. Luigi Binda aveva con sé lettere di famiglia; Giuseppe Bianchi un lasciapassare; Francesco Rimoldi un piastrino militare.
Particolarmente toccante fu il ritrovamento degli effetti personali di Bruno Colombo: un portafoglio con molte immagini sacre e fotografie, una tabacchiera, un crocifisso con medaglietta, una Madonnina in astuccio. Testimonianze di una fede semplice e profonda, di un'umanità spezzata dalla violenza nazista.

Il Monumento

Il 19 settembre 1947, nel quarto anniversario dell'eccidio, fu inaugurato il monumento ai Martiri dell'Aldriga, eretto a fianco della Padana Inferiore su un terreno generosamente donato dalla marchesa Maria Foccassati vedova Guidi di Bagno. Il monumento fu voluto dal Comune di Curtatone per onorare la memoria dei dieci soldati innocenti.